La selezione degli studenti nei corsi a numero chiuso

Vi sono diverse strategie che le scuole adottano quando devono decidere come comporre la classe a numero chiuso: ogni strategia comporta pro e contro.

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Oggi parliamo delle procedure di selezione, vero cruccio di tutte le realtà che hanno un numero limitato di posti disponibili e pertanto costrette a scegliere chi potrà far parte della classe e chi invece si troverà costretto a scegliere un nuovo corso di studi per continuare nella propria formazione.

Vi sono diverse strategie che le scuole adottano quando devono decidere come comporre la classe a numero chiuso. Ciascuna strategia è differente dalle altre e comporta dei pro e dei contro. Inoltre vi è una distinzione da fare in premessa: alcuni parametri per il numero chiuso vengono scelti dei diversi CDA dei rispettivi istituti di formazione, altri invece sono parametri dettati dal Ministero dell’Istruzione ai quali gli istituti formativi non possono far altro che adeguarsi.

Diamo un’occhiata alla situazione italiana rispetto a quest’ultima tipologia, che è quella che riunisce le principali facoltà universitarie ad accesso programmato.

Chi frequenta questo blog sa benissimo quanto ogni aspetto che coinvolga gli studenti sia importante in ottica marketing e quindi debba essere preso in considerazione nello sviluppo di una strategia di comunicazione efficace e l’argomento “numero chiuso” sta ovviamente molto a cuore agli studenti. Senza andare troppo lontano nel tempo, la primavera 2014 ha visto una forte mobilitazione da parte dei comitati studenteschi in opposizione al numero chiuso stabilito dal ministero: la campagna #nonumerochiuso ha coinvolto molti studenti nel periodo di aprile, mese nel quale si è fatto il test anticipato per l’ammissione a Medicina & Chirurgia.

manifestazione no numero chiuso

La principale rimostranza che gli studenti hanno formulato durante la protesta è stata quella della inequità, ossia il dare la possibilità ad alcuni ‘privilegiati’ di intraprendere la carriera formativa che preferiscono, mentre altri sono invece costretti in modo ‘ingiusto’ a rassegnarsi. Per questo motivo, dopo le battaglie di questa primavera, gli studenti già promettono ulteriori manifestazioni e boicottaggi per il prossimo anno accademico.

Ma perché si istituisce il numero chiuso?

La principale motivazione è quella economica: se è necessario garantire uno standard elevato di formazione, al numero di studenti deve essere corrisposto un numero adeguato di docenti, aule e strutture dove fare tirocini, stage o lezioni pratiche. Da qui l’esigenza di limitarne il numero. Vi è una seconda motivazione (ad esempio utilizzata spesso per Medicina & Chirurgia) riguardante la possibilità lavorativa futura: il numero di posti disponibili quindi viene calcolato contemplando il numero di medici professionisti lavoranti in Italia e quanti nuovi medici il mondo del lavoro potrà accogliere in futuro, secondo vari e complicati coefficienti che tengono in considerazione anche fattori abbastanza discutibili (ad esempio il numero di medici che dovranno andare in pensione, e così via..) e che mal si conciliano con la realtà globalizzata del giorno d’oggi dove un cittadino europeo, ma anche statunitense o giapponese se vogliamo, può tranquillamente spostarsi e cercare lavoro in uno stato diverso da quello in cui ha frequentato il corso di laurea.

Oltre allo scontro con gli studenti, il meccanismo del numero chiuso ha portato ad altri due effetti significativi: in primis ha fatto la fortuna di alcune realtà formative (in Italia e all’estero) che raccolgono i non-rientranti in graduatoria che, pur di realizzare il proprio progetto di vita, pagano decine di migliaia di euro per l’iscrizione ad un corso che promette la stessa qualifica; l’altro effetto è quello ormai noto dei corsi di “ripiego”, corsi con curricula formativi simili a quelli ad accesso programmato che vedono le iscrizioni aumentare in modo importante in concomitanza con l’emissione delle graduatorie dei test di ingresso, fungendo da facoltà “limbo” in cui gli studenti parcheggiano se stessi in attesa del test dell’anno successivo (a volte finendone inghiotti senza concludere nulla, altre volte portando a compimento con successo un percorso iniziato come seconda scelta).

È dunque questa la strada corretta? Non c’è un modo migliore di affrontare questa spinosa questione?

Proviamo a vedere quali sono le opzioni sul tavolo: la prima cosa che viene in mente quando si parla di numero chiuso è la prova di ammissione con graduatoria, oppure quella che combina la prova di ammissione e il voto di maturità (come si usa oltre che in Italia, anche in Belgio, Finlandia, Grecia, Portogallo, Romania e Spagna), ma vi sono molte tipologie di selezione.

Brevemente, si va dal criterio cronologico semplice (chi si iscrive prima ha il posto), al criterio cronologico scaglionato con voto; si può optare per test con scelta multipla (con quesiti che possono spaziare da conoscenza generale, a logica, e cosi via) che hanno fatto la fortuna di case editrici specializzate nel proporre al pubblico test di simulazione delle varie prove, oppure scegliere il colloquio, che può essere anche motivazionale oltre che selettivo, è utilizzato soprattutto nel mondo anglosassone e viene gestito da personale qualificato che valuta la predisposizione dell’alunno al futuro percorso universitario. Ci sono modalità che strutturano dei corsi propedeutici, ai quali segue alla fine un test e dalla graduatoria finale risultante viene stilato l’elenco di coloro che vengono ammessi al corso accademico. Infine, come si usa in Francia ad esempio, c’è la soluzione che contempla il numero chiuso vero e proprio a partire solo dal secondo anno di corso.

test_di_ammissione_università

Come si può vedere ci sono molte possibilità di azione; è notizia di questi mesi che lo stesso Ministro dell’Istruzione Stefania Giannini si sia chiesta se effettivamente i test a risposta multipla siano il modo migliore per misurare una selezione per l’ingresso alla facoltà di Medicina & Chirurgia. Sembra che la strada che si voglia intraprendere sia quella del modello francese, quindi con numero aperto al primo anno, prima scrematura al termine del primo semestre e seconda scrematura al termine del secondo semestre: in questo modo la selezione vera e propria è in funzione del secondo anno di corso. Come accennato poc’anzi, questa modalità vede contrari alcuni atenei che faticano a trovare le risorse per poter accogliere un alto numero di nuove matricole.

Un’altra proposta arriva da Eugenio Gaudio, presidente della Conferenza permanente dei presidi delle facoltà di Medicina & Chirurgia italiane, che propone un modello definito ‘a tre gambe’: voto della scuola superiore di provenienza, incrociato con un test con domande a scelta multipla, incrociato con un test psicoattitudinale. Questo modello tende a fare una sintesi di modelli differenti, provenienti da paesi europei diversi, e potrebbe trovare anche il parere favorevole del Ministro, sebbene la critica che viene mossa a questa modalità è la stessa che viene mossa tuttora dagli studenti italiani, ossia che i candidati non partono tutti dallo stesso livello di punteggio e quindi vi è una discriminazione iniziale.

Staremo a vedere come si evolverà la situazione.

Una cosa è certa: qualsiasi sia la strategia che una scuola adotta per selezionare il proprio corpo studentesco, e qui inseriamo anche e forse soprattutto quelle realtà formative a numero chiuso non soggette alle direttive ministeriali, è bene che adotti una comunicazione lineare e che coinvolga gli attori partecipanti (ad esempio i comitati studenteschi), affinché vi sia una condivisione e una circolarità delle scelte intraprese.

In questo modo eviterà di ritrovarsi a combattere degli stereotipi o dei pregiudizi dettati dalla pessima comunicazione effettuata.

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