Negli ultimi anni si è paventata spesso l’idea di un’apertura estiva delle scuole italiane o di una chiusura tardiva, che copra almeno l’intero mese di giugno. Genitori, esperti del settore e politici si confrontano sul tema, interrogandosi prima di tutto sulle necessità che richiedono un tale cambiamento del calendario scolastico e le risorse per poterlo attuare.
La lunga estate italiana
Nel nostro paese gli alunni godono di circa tre mesi di vacanze, orientativamente dalla prima settimana di giugno alla prima di settembre. Una peculiarità strettamente italiana, infatti, nel resto d’Europa le vacanze sono distribuite in maniera diversa.
Secondo i dati Eurydice, (organizzazione europea che si occupa di informazione sullo stato dell’istruzione), l’Italia è il paese con il maggior numero di giorni consecutivi di vacanza, al pari della Lettonia e Malta. In altri paesi, quali ad esempio, Germania, Francia e Regno Unito, la scuola gode di periodi di vacanza più brevi intervallati durante l’anno scolastico.
C’è da dire che, nei paesi appena citati, il clima estivo è più mite rispetto a quello italiano. I lunghi tre mesi di vacanza, in Italia, sono motivati dal caldo e dalla scarsità di risorse materiali delle strutture scolastiche, come ad esempio, la mancanza di condizionatori nelle aule, che rendono difficile la permanenza per ore tra i banchi.
Lunga chiusura, grandi problemi per le famiglie
La pausa estiva è stata decisa tempo fa, quando vi era un assetto societario diverso rispetto a quello attuale. Se la famiglia italiana dell’800 necessitava dell’aiuto della prole nei campi, oggi, questo modello scolastico non appare più funzionale ai nuclei familiari contemporanei, nei quali entrambi i genitori lavorano.
La lunga pausa estiva grava economicamente sul budget familiare. L’alternativa alla scuola è, di solito, il centro estivo, almeno per i più piccoli, o viaggi-studio per i più grandi. Si tratta di soluzioni che comportano dei costi aggiuntivi per la famiglia, che spesso non è in grado di affrontare le alternative sopra citate.
Il periodo estivo dei figli, di fatto, è diventato una forma di disuguaglianza sociale nell’attuale società: le famiglie con maggiore possibilità possono trovare delle soluzioni per impegnare i figli durante l’estate, quelle con difficoltà economiche saranno costrette a vedere i figli annoiati davanti ai videogiochi o alla televisione.
Questo è il pensiero condiviso dalle mamme-influencer Sarah Malnerich e Francesca Fiore, che tramite l’account “Mammadim…a” e in collaborazione con l’organizzazione no profit We World, hanno lanciato una petizione online su Change.com, proprio per invitare ad una maggiore sensibilità verso il problema, particolarmente sentito dai genitori. “Questa chiusura accentua le differenze sociali: i figli delle classi agiate fanno viaggi di formazione, gli altri saranno in casa davanti la tv o in strada. Il nostro è uno dei sistemi scolastici più stressanti del mondo, i carichi di lavoro sono concentrati nello stesso periodo di tempo, e, infatti, comportano effetti negativi anche sul rendimento scolastico”. L’allarme lanciato dai genitori riguarda anche il cosiddetto “summer learning loss”, ossia la perdita o la dimenticanza delle informazioni acquisite durante l’anno scolastico. La soluzione, in questo caso, non può essere individuata nell’assegnazione di una mole importante di compiti da svolgere a casa individualmente, attività a cui spesso gli alunni si ribellano, apostrofando di “essere in vacanza”!
Le possibili soluzioni
Il ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, ha escluso la possibilità di un prolungamento dell’anno scolastico, ma ha ipotizzato un’organizzazione alternativa da parte delle scuole nel periodo estivo. “La mia idea è quella di garantire per i ragazzi che provengono da famiglie di lavoratori, la possibilità di recuperare o potenziare le loro competenze, facendo in modo che nella maggior parte delle scuole, anche in piena estate, ci siano spazi di approfondimento, di studio e di formazione”.
Il ministero ha ipotizzato, già dallo scorso anno, un Piano Estate, che mantenga la scuola quale punto di riferimento delle famiglie. Nel 2024 sono stati stanziati 400 milioni di euro, ai quali si aggiungono 18 milioni di fondi PCTO e 80 milioni di PNRR, per favorire l’apertura delle scuole italiane nei mesi estivi. Il piano prevede un’offerta da parte delle scuole di attività sportive, teatrali e di approfondimento e recupero, con lo scopo di offrire divertimento e socializzazione.
Lo stesso ministro, riproponendo il piano anche per l’attuale estate 2025, ha sottolineato che l’offerta 2024 è stata un successo, con la partecipazione di 950 mila studenti e 4500 scuole: “un esempio straordinario di come possiamo offrire esperienze formative arricchenti, che aiutino a colmare i divari territoriali, a potenziare le competenze, a sviluppare una sana socialità, venendo incontro alle esigenze lavorative delle famiglie”.
Cosa ne pensano gli insegnanti
Come scrive lo scrittore-insegnante Enrico Galiano, su Il Libraio, “quel tempo vuoto fra metà giugno e metà settembre spaventa, specie per chi ha figli in un’età delicata”. Per cambiare questa situazione, come osserva Galiano, “servirebbero investimenti importanti nelle strutture e nel personale, servirebbero scuole climatizzate, servirebbe una formazione per diversificare la didattica. Servirebbero, insomma, soldi e idee”.
Idee che, probabilmente, scarseggiano tra i docenti, poco invogliati a proporre delle iniziative, in quanto la partecipazione del corpo docente è prevista su base volontaria, con remunerazione delegata alle singole strutture scolastiche, nei limiti delle risorse disponibili. La retribuzione, non ben specificata, rischia di essere inferiore rispetto a quella canonica, poco stimolante in considerazione del fatto che si tratta di rinunciare a parte delle proprie ferie. Allo stesso modo, non sono incentivati neanche i docenti precari, che andrebbero a percepire una retribuzione, spesso, inferiore alla DIS-COLL del periodo estivo (indennità di disoccupazione prevista per i docenti precari).
Non è possibile ignorare le richieste che ormai già da tempo circolano tra le famiglie. Sperimentare nuove e flessibili politiche può aiutare a risolvere le esigenze familiari e a non lasciare soli e annoiati i ragazzi per troppo tempo. Per fare ciò è, probabilmente, utile il dialogo tra governo, dirigenti scolastici, insegnanti e genitori, che di concerto potrebbero trovare le migliori soluzioni per intrattenere i giovani in attesa delle riaperture scolastiche di settembre.