Una nuova ricerca dell’Università di Milano-Bicocca fornisce dati concreti sugli effetti negativi dei dispositivi digitali sulle performance scolastiche da una nuova prospettiva: quella dell’accesso precoce.
Per la prima volta, una ricerca condotta dall’Università di Milano-Bicocca (in collaborazione con l’Università degli Studi di Brescia, l’Associazione Sloworking, il Centro Studi Socialis, con il finanziamento della Fondazione Cariplo) ha fornito evidenze statistiche sugli effetti dell’accesso precoce ai dispositivi digitali sulle performance scolastiche.
Lo studio si intitola EYES UP, EarlY Exposure to Screens and Unequal Performance, è stato presentato lo scorso febbraio e mira a portare nuove evidenze, scientificamente solide, all’interno di questi dibattiti.
Per analizzare l’impatto della digitalizzazione precoce sugli esiti scolastici, è stato coinvolto un campione di 6.609 studenti lombardi delle classi seconda e terza superiore. Gli studenti hanno completato un questionario volto a esplorare il loro rapporto con i media digitali e le prime esperienze in questo ambito. I dati raccolti sono stati successivamente confrontati con i risultati delle prove INVALSI svolte in seconda e quinta primaria, terza secondaria di I grado e seconda secondaria di II grado.
Dall’analisi dei dati raccolti è stato quindi possibile stimare l’effetto della digitalizzazione precoce sugli esiti scolastici (in italiano, inglese e matematica) e sulle relative disuguaglianze.
I 4 ambiti indagati
- L’impatto dell’età alla quale bambini e adolescenti iniziano autonomamente ad usare smartphone e social media in relazione ai loro esiti scolastici
- Quanto i suddetti fenomeni di esposizione precoce interagiscono con le esistenti disparità di genere, origini sociali e background migratorio
- La possibilità di includere “l’abuso di media” nelle scale di povertà educativa
- Indicazioni di policy: il lavoro con i territori
Precocità digitale: la relazione tra tecnologie e apprendimento.
Una delle domande chiave alla base della ricerca EYES UP riguarda la relazione tra l’adozione “generale” di strumenti tecnologici durante l’infanzia e le competenze scolastiche degli studenti. Un quesito tutt’altro che secondario, considerata la pervasività dei dispositivi digitali nella quotidianità e il loro potenziale educativo, molto variabile a seconda delle caratteristiche e del contesto d’uso.
“Mentre le scienze dell’educazione enfatizzano i benefici dell’uso precoce dei media digitali (come le app educative) per lo sviluppo delle competenze e della creatività, le scienze psicologiche e della salute ne sottolineano i rischi, come la distrazione, la privazione del sonno e i cambiamenti cerebrali e cognitivi” scrive nella ricerca Chiara Respiri, coordinatrice della ricerca insieme a Marco Gui.
Infatti, i dati raccolti restituiscono un quadro complesso: l’età di primo accesso a tablet, videogiochi o app di messaggistica sembra avere una correlazione pressoché nulla con i livelli di competenza rilevati. L’uso del PC mostra invece una relazione debolmente positiva. Le eccezioni più significative riguardano due tecnologie in particolare: lo smartphone e i social network.
In questi casi, la correlazione con le competenze scolastiche è chiaramente negativa: più tardi uno studente riceve il primo smartphone o apre un profilo social, migliori sono i suoi risultati scolastici alla fine del primo ciclo di istruzione.
Per questo motivo (avvalorato dalla letteratura scientifica e congruentemente all’obiettivo del progetto di ricerca) la ricerca indaga l’impatto causale specifico dell’“apertura di un profilo di social media” sulle “competenze”.
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Dai dati emerge che gli studenti che aprono un profilo social in prima media ottengono punteggi mediamente più bassi nelle prove standardizzate di italiano e matematica rispetto a chi aspetta i 14 anni, il limite fissato dalla normativa europea.

Per leggere il grafico: sull’asse delle X troviamo gli anni in cui sono state effettuate le rilevazioni INVALSI. L’asse delle Y riporta la scala standardizzata su cui sono misurate le competenze. Per ognuno degli anni in cui sono state effettuate le prove, la media delle competenze degli studenti campionati è stata fissata a 0 per migliorare la leggibilità dei grafici. L’andamento nel tempo del livello medio di competenze nel gruppo ad accesso precoce e ad accesso di legge è rappresentato dalle linee verdi e blu, rispettivamente.
Riportando le parole di Marco Gui: “Secondo le analisi che stiamo svolgendo il meccanismo più probabile tramite il quale i social network deprimono le competenze è da ricercarsi nel livello di pervasività nella vita quotidiana che questi riescono ad assumere nelle vite degli studenti, in particolar modo durante lo studio e prima di andare a letto”.

La ricerca evidenzia anche la crescente pervasività dello smartphone nella vita quotidiana degli studenti. Oltre il 50% degli adolescenti dichiara di utilizzare frequentemente o sempre il dispositivo non appena sveglio, e il 22% ammette di consultarlo anche durante la notte, interrompendo così il riposo. Un altro dato rilevante riguarda l’uso dello smartphone durante i pasti: il 51% degli studenti afferma di utilizzarlo mentre mangia con la famiglia, sebbene solo il 10% lo faccia con regolarità, suggerendo l’esistenza di regole familiari che limitano l’uso del dispositivo in determinati contesti.
Disparità di genere, origini sociali e background migratorio
Secondo la ricerca, inoltre, uno degli aspetti più significativi emersi riguarda la disparità sociale nell’accesso ai dispositivi digitali: i dati rivelano che gli studenti provenienti da famiglie con un basso livello di istruzione tendono a ricevere il loro primo smartphone prima rispetto ai coetanei di famiglie più istruite e con maggiori risorse. Questo accesso precoce ai social media, inoltre, è spesso associato a contesti familiari con minori stimoli educativi, dove il supporto nella gestione del tempo online è più limitato e meno strutturato.
L’abuso di media e l’influenza nelle scale di povertà educativa
Con povertà educativa si intende la mancanza di opportunità che permettono a bambini e ragazzi di imparare, scoprire i propri talenti e costruire le basi per una vita adulta piena e soddisfacente. È una definizione condivisa da realtà come Save the Children e ISTAT, che negli anni hanno sviluppato diversi strumenti per misurarla.
Vista la varietà di indici oggi disponibili per misurare la povertà educativa, la ricerca EYES UP ha scelto di concentrarsi su due dimensioni centrali della parte non cognitiva del concetto di povertà educativa, che non riguardano direttamente l’apprendimento scolastico: come i ragazzi usano il loro tempo libero e quanto si sentono capaci di affrontare le sfide.
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Si osserva un dato significativo: più precoce e intenso è l’uso delle tecnologie digitali, meno tempo i ragazzi dedicano ad attività culturali, di gruppo o di volontariato. Al contrario, crescono le attività legate alla socialità informale – come uscire con gli amici, fare shopping o prendersi cura del proprio aspetto. Un cambiamento che può essere letto in modi diversi: da un lato è segno di relazioni attive tra pari, ma dall’altro segnala una socialità sempre più filtrata da ambienti digitali, spesso legati al consumo piuttosto che alla crescita personale.
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Indicazioni di policy: il lavoro con i territori
Grazie anche al coinvolgimento di attori-destinatari della ricerca (dirigenti, docenti, personale educativo scolastico ed extra-scolastico) e protagonisti della ricerca (i ragazzi) è stato possibile delineare alcune parole chiave per descrivere i bisogni emersi dalla comunità educante:
- CONOSCERE: la divulgazione delle evidenze scientifiche è considerata un punto di partenza fondamentale per affrontare le sfide derivanti da scenari in continuo cambiamento.
- CONDIVIDERE: la condivisione di buone pratiche è imprescindibile per costruire strategie condivise.
- INFORMARE E COINVOLGERE: la scuola testimonia la necessità di allargare e potenziare il coinvolgimento alle famiglie, a partire dalla scuola primaria.
- VALUTARE: valutazione dell’efficacia e della pertinenza di interventi proposti sul tema per comprendere in che direzione spostare la progettazione.
Aree di intervento e raccomandazioni
Il documento si chiude con un elenco dettagliato di possibili aree di intervento e raccomandazioni da affrontare in modo sistemico:
- Costruire una gradualità di accesso condivisa: incentivare una presa di posizione da parte delle istituzioni scolastiche e azioni di coinvolgimento, informazione, stimolazione dei genitori e ragazzi sui rischi della precocità digital per governare collettivamente le scelte su temi di introduzione e regole di gestione.
- Promuovere una strategia di educazione digitale integrata: identificare i contenuti e percorsi per ogni fascia di età, momenti di discussione aperta, continuo aggiornamento e monitoraggio, garantire formazione ai docenti e rafforzare da una parte usi didattici che valorizzino il digitale a scuola, e dall’altra la socialità online.
- Adeguare le prassi: coinvolgere gli studenti sulla regolamentazione di Internet, fare attenzione ai contesti più fragili, chiedere regolamentazioni adeguate alla politica nazionale ed europea.
Invitiamo ad approfondire le tematiche direttamente report: EYES UP Report di fine progetto.
Scuole che scelgono, scuole che guidano
La crescente esposizione degli studenti agli smartphone e in particolare ai social media pone una sfida concreta al mondo della scuola. Sempre più studi segnalano effetti negativi sull’attenzione, sulla capacità di apprendere in profondità e sulla qualità delle performance scolastiche. È ora il momento di prendere posizione, non solo come scuole, ma come comunità educante, come adulti responsabili, non per cedere a paure o nostalgie, ma per costruire consapevolmente un nuovo ambiente scolastico che sappia tutelare dalle minacce che gli studi descrivono: soglie d’attenzione ridotte, frammentazione del pensiero, aumento dell’ansia da prestazione e un impatto diretto sulle performance scolastiche.
La scuola non può più restare neutra, ma diventare spazio protetto, non disconnesso dalla realtà, governato da scelte educative chiare.
Il report della ricerca EYES UP si chiude con un appello articolato e condivisibile: costruire una gradualità di accesso, promuovere un’educazione digitale integrata, adeguare le policy. Tutto parte da lì: dalla decisione di agire, informare, coinvolgere, formare. E dalla volontà di costruire un’alleanza con famiglie, studenti, docenti. Le scuole che fanno la differenza sono quelle che sanno fare da guida.
Education Marketing Italia è sensibile e attenta a questi temi e collabora con scopo no profit con alcune realtà che si impegnano attivamente sul territorio come Smartphone Free Childhood o Social Warning.
Difendere il tempo e la qualità dell’apprendimento è un atto di responsabilità verso il futuro.