DAD e Disabilità nella Scuola dell’Infanzia e Primaria: intervista a tre voci

Le modalità a distanza danno spunti interessanti ma insufficienti ad offrire ad un bambino disabile e in età prescolare tutto quello di cui realmente ha bisogno.

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Può sembrare facile chiedere ad un docente di prendere un computer, controllare l’accesso a Internet, preparare una lezione e usare una piattaforma di condivisione, o un’aula virtuale. Sembra il minimo esigere da parte dei ragazzi concentrazione, interesse, interazione, e il massimo sforzo nell’apprendimento. Poterlo fare da casa, magari in pigiama e sul divano, preparando o scaricando i materiali all’ora della giornata in cui si è maggiormente redditizi e organizzandosi autonomamente con le altre attività, è la parte bella. Coordinarsi, intendersi, motivarsi, autoregolarsi, e raggiungere davvero gli obiettivi didattici, quella più difficile.

 

Blog e magazine online abbondano di consigli e racconti su come affrontare la Didattica a Distanza. Tante sono le preoccupazioni per far sì che anche gli alunni con disabilità riescano a proseguire il proprio percorso di inclusione, oltre che quello d’istruzione. Tuttavia, se ne parla poco, e solo alla fine di aprile è stata istituita una sezione sul sito del MIUR a supporto del lavoro delle scuole con studenti con disabilità.

 

Le difficoltà della DAD con studenti disabili: parola ai docenti

Abbiamo indagato questa realtà con un’intervista a tre voci: quella di Martina che segue nella scuola primaria un bambino con un disturbo reattivo dell’attaccamento dell’infanzia, e quelle di Carola e Rossella che lavorano nella scuola dell’infanzia con bambini con diagnosi di autismo. Per tutte e tre, la DAD è stata un’esperienza mai sperimentata pre-emergenza Covid-19. L’Istituto comprensivo di Martina ha da subito attivato l’accesso ai prodotti GSuite. Carola e Rossella non hanno ricevuto particolari direttive se non le indicazioni ministeriali che promuovevano l’importanza di mantenere un’attenzione particolare ai bambini e ragazzi disabili e contatti stabili con le loro famiglie; entrambe hanno deciso di concordare attività e approcci confrontandosi con gli specialisti che seguono i bambini.

 

Come cambia oggi il lavoro di un insegnante di sostegno e un insegnante di classe?

Martina (primaria): “Dipende molto dal tipo d’insegnante che decidiamo di essere di fronte a questa situazione d’emergenza. Personalmente credo che ciascun bambino, soprattutto in questo momento, abbia necessità di un’attenzione particolare in più, quindi anche le insegnanti di classe dovrebbero mostrarsi ancor più sensibili alle individualità di ciascuno. Credo comunque che, in particolare per un’insegnante di sostegno, questa distanza fisica sia ancora più difficile da gestire. 

Rossella (infanzia): “Deve essere sempre considerata la disabilità con cui si ha a che fare, così come quando si lavora in presenza. Nel mio caso, ho principalmente il ruolo di accompagnare ed aiutare il piccolo alunno ad adattarsi ad un ambiente, alla vicinanza ad altri bambini e adulti e all’accettazione di routine che per lui non sono comprensibili: la presenza è fondamentale e in questo momento trasmetto la vicinanza alla famiglia e al bambino attraverso videochiamate regolari per far sentire la scuola vicina e qualche piccola proposta ludica che il bambino può svolgere solo se accompagnato da un genitore”. 

Carola (infanzia): “Poiché lavoro come sostegno in una scuola dell’infanzia, posso dire che l’approccio è pressoché uguale: ludico, relazionale, che si basa sullo sviluppo delle capacità comunicative e con esse delle autonomie. Anche la strumentazione utilizzata è la stessa, a meno che il bambino non necessiti di uno strumento specifico che compensi le sue difficoltà o che faciliti la relazione”.

 

Come cambia il ruolo dei genitori o degli adulti responsabili?

Martina (primaria): “I genitori sono chiamati a vivere i loro figli in un tipo di quotidianità fino a questo momento sconosciuta e a confrontarsi realmente con le difficoltà scolastiche del figlio, dalle più semplici alle più importanti. Non è sempre così facile accettarle fino in fondo: un conto è immaginare ciò che può succedere quando il proprio figlio è davanti a un compito o a una spiegazione, un conto è affiancarlo e sostenerlo realmente”.

Rossella (infanzia): “I genitori si vedono molto più coinvolti nel gestire anche le attività didattiche proposte dalla scuola e questo richiede loro maggior impegno considerata l’età dei bambini che non sono in grado di gestire in autonomia strumenti tecnologici, unici mezzi che consentono loro di restare in contatto con compagni e insegnanti”.

Carola (infanzia): “I genitori, in questo periodo di emergenza, sono stati chiamati a svolgere non solo il loro ruolo di educatori familiari, ma hanno dovuto iniziare ad occuparsi anche della didattica e, nel caso della disabilità, hanno dovuto prendere in mano anche la terapia. Credo che sia stata una bella sfida per il modello genitoriale odierno: molte erano le strutture, le figure professionali a cui potevano delegare l’educazione, riabilitazione, istruzione. Ma da un giorno all’altro si sono ritrovati ad essere loro i soli e unici responsabili di tutto questo, perdendo anche il confronto con gli altri adulti di riferimento che si occupavano del bambino”.

 

Cosa è cambiato invece nel rapporto coi colleghi?

Martina (primaria): “Si sono evidenziate difficoltà già esistenti in presenza, amplificate da una distanza apparentemente incolmabile. La soluzione? Essere squadra. Il team dovrebbe coordinarsi efficacemente, cooperare, collaborare, confrontarsi, decidere e supportarsi. Forse un’ideale, chi lo sa, ma personalmente lotterò per garantire queste condizioni nel mio futuro lavorativo”.

Rossella (infanzia): “Il rapporto con i colleghi è più complesso, considerato che non tutti siamo in grado di usare, con la competenza che la didattica a distanza richiede, le varie piattaforme e i software necessari. A volte risulta difficile condividere e confrontarsi sulle attività da proporre. Ciò che però risulta più frustrante è la limitazione in ogni forma di relazione diretta e vera sia con i colleghi, sia con gli alunni”.

Carola (infanzia): “Il rapporto con i colleghi è diventato più intellettivo e meno relazionale ed emotivo. Passiamo molto tempo a discutere sulla didattica a distanza, sulle strategie migliori, sui permessi da ottenere, su cosa e come presentare ai bambini; ma manca tutta quella dimensione dell’osservare, agire e creare insieme una rete educativa che poteva esserci solo in presenza”. 

 

Quali sono le prime impressioni su questo tipo di esperienza scolastica?

Martina (primaria): “La prima impressione è stata: oddio e adesso?!, il passaggio successivo è stato sicuramente cercare di trasformare la difficoltà in una possibilità di crescita personale e professionale”.

Rossella (infanzia): “Per quanto riguarda la scuola dell’infanzia, la didattica a distanza non consente la relazione, valore fondante di questo indirizzo scolastico. È pur vero che attualmente è l’unico strumento per far sentire a famiglie e bambini la presenza della scuola nell’attesa di ritrovarci: perciò bisogna trovare una modalità che ci faccia essere parte della vita dei nostri bambini quotidianamente”.

Carola (infanzia): “Facendo riferimento al grado di scuola a cui appartengo, credo che questo periodo abbia tolto ai bambini da 3 a 5 anni quelle che sono le finalità della scuola dell’infanzia: la capacità di stare in un ambiente che non sia quello familiare, creare un’identità di gruppo con i coetanei, costruire relazioni e saperle mantenere condividendo interessi, attività, esperienze di vita, rispettare regole condivise dal gruppo ed affrontare un primo distacco dalle figure genitoriali”.

 

Cosa cambieresti nel tuo approccio con le tecnologie nell’ipotesi di ricominciare a settembre alternando DAD e presenza in classe?

Rossella (infanzia): “Sicuramente maggiore formazione sull’utilizzo di software ma ritorno a dire che non è uno strumento come il computer che può sostituire la relazione fondamento del nostro indirizzo scolastico ancor di più se si parla di disabilità”.

Carola (infanzia): “Tenendo conto del fatto che la mia generazione ha un rapporto con la tecnologia più fiducioso e sereno, dal mio punto di vista posso dire che il fatto di dover alternare la presenza in classe e l’utilizzo delle tecnologie permetterebbe di non accantonarle, ma di continuare a vederle come una risorsa che in qualche modo tiene collegati e mantiene in contatto un gruppo di persone, laddove però, ci sia la collaborazione e l’apporto di tutti. Sono del parare che ogni metodologia sperimentata, anche in diversi tempi, luoghi, in altri campi o nata per compensare difficoltà specifiche, sia portatrice di possibilità. Sta poi a noi capire ed utilizzare al meglio queste potenzialità”.

 

Quale abitudine digitale o tecnologica sperimentata manterrai in futuro?

Martina (primaria): “La DAD mi ha dato la possibilità di conoscere nuovi programmi informatici utili quali Powtoon, Canva, Storyboard maker, Coggle,Screencast o-matic, ma anche la stessa G-Suit utilizzabili per fornire schemi e materiale di approfondimento o di ulteriore spiegazione fruibile anche a casa”.

Rossella (infanzia): “Sicuramente farò tesoro dell’esperienza e cercherò di migliorarmi sull’utilizzo di software adatti perché può essere che in futuro ci venga richiesto l’utilizzo della DAD. Non ritengo comunque corretto che dei bambini in questa fascia d’età passino del tempo al computer e ad oggi non vedo alcun successo. Le famiglie auspicano un rientro a scuola con un sistema di didattica tradizionale e sinceramente anche io”.

Carola (infanzia): “Noi docenti della scuola dell’infanzia non abbiamo messo in atto chissà quali sperimentazioni tecnologiche, sia per la fascia d’età dei nostri utenti, che non sarebbero stati in grado di usufruirne, sia per la convinzione che non sia giusto sovra stimolare i bambini di materiali digitali. Credo, ad esempio, che sicuramente possa essere preservata la videochiamata come confronto/dialogo tra adulti, ad esempio, con i terapisti con i quali è spesso difficile trovare un momento di colloquio”.

 

Quali punti deboli e quali punti di forza del “Sistema scuola” sono emersi in questi mesi?

Rossella (infanzia): “Il sistema scuola si è trovato totalmente impreparato e ha messo in atto tutte le risorse possibili per offrire degli strumenti che consentissero ai docenti di riavvicinarsi alle famiglie e ai bambini. Tutto questo purtroppo è avvenuto con informazioni frammentate e disorganizzate. Si comincia ora, dopo due mesi a vedere una forma di organizzazione. I docenti, per quanto riguarda la mia esperienza personale, hanno mostrato senso del dovere e ce l’hanno messa tutta utilizzando tutti i mezzi possibili, a volte anche quelli non istituzionali. Ora comincia a delinearsi una regolamentazione più chiara sia sulle modalità di lavoro che sugli strumenti autorizzati dal dirigente nel rispetto della privacy di alunni e docenti”.

Carola (infanzia): “Punti deboli: poca preparazione informatica per molti docenti, poca propensione al mettersi in gioco nel “mondo digitale” da parte di molti docenti, mancato pronto intervento agli inizi dell’emergenza da parte del sistema scuola, mancata uniformazione degli strumenti e canali utilizzabili da parte dell’Istituto. Punti di forza: capacità dei docenti di arrangiarsi mantenendo i contatti con le famiglie, capacità di adattare la propria didattica a modalità a distanza con i mezzi a disposizione”.

 

Si fa tutto il possibile, ma si sa che non basta

Le fatiche che queste voci fanno emergere sono più che altro psicologiche. Si cerca di costruire empatia ricercando autenticità e un’attenzione costante. L’unico strumento che può avvicinarsi allo “stare insieme”, la videochiamata, permette di sentirsi, vedere il volto e percepire le sfumature non verbali della comunicazione. Le modalità a distanza danno tanti nuovi spunti, spesso interessanti, ma sicuramente insufficienti ad offrire ad un bambino disabile e in età prescolare tutto quello di cui realmente ha bisogno.

Le famiglie nella maggior parte dei casi si dimostrano disponibili e collaborative ma purtroppo bisogna sempre fare i conti anche con le esigenze organizzative dei genitori, i quali non sempre possono o riescono a dare la priorità alla scuola a causa del lavoro.

L’impegno e la forza di volontà vanno di pari passo con l’apprensione e la preoccupazione in una continua ricerca di equilibrio tra la risposte e la domanda che ci si pone ogni giorno: “Ho fatto abbastanza?” “Ho fatto tutto il possibile, ma voglio poter dare di più”.

 

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Giulia Cattoni

Faccio quello che faccio da sempre: scrivo. Uso la scrittura per dare forma a pensieri e idee. Da piccola consumavo pagine e pagine per descrivere le mie avventure quotidiane sul diario, oggi uso il linguaggio per creare testi efficaci, contenuti digitali, e organizzarne la gestione. Mi piace trovare le parole giuste, mettere ordine ai testi e renderli chiari, e creare contenuti accessibili, piacevoli e utili. Faccio parte del team di Education Marketing Italia dal 2016: ho iniziato come autrice del blog e negli anni ho ampliato i miei ruoli. Oltre alla produzione e gestione dei nostri contenuti, affianco i miei colleghi nella gestione degli open day e nelle attività di design thinking. Dal 2023 mi occupo in prima linea della cura del nostro brand: dalle mie mani passano piani editoriali, articoli, post, newsletter, webinar e la strategia che li tiene insieme. Mi sono laureata in Comunicazione con una tesi sull'uso della lingua per l'infanzia, ho frequentato corsi sulla didattica emozionale e sulla robotica educativa. Sono stata istruttrice di pallavolo nel settore giovanile comasco.

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