In USA i bootcamp STEM aiutano a trovare lavoro

Boot Camp STEM: una ricerca Gallup dimostra che migliorano le prospettive lavorative e di soddisfazione personale. Scopriamo quali sono le alternative italiane

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Il bootcamp è, letteralmente, un campo di addestramento. Il termine è migrato dall’ambiente militare dei marines americani, e sta ad indicare, nel campo dell’istruzione, un evento formativo intenso e ad immersione. L’obiettivo di un bootcamp è di colmare la distanza tra università (che non sostituiscono) e mondo del lavoro, concentrandosi maggiormente sulla pratica.

 

I bootcamp tecnologici negli USA

La pandemia ha avuto il vantaggio di accelerare lo sviluppo tecnologico, il World Economic Forum ha stimato che la metà dei dipendenti mondiali attivi nel 2020, hanno la necessità di riqualificarsi entro il 2025.

Le competenze tecnologiche sono sempre più richieste: negli Stati Uniti, nel marzo 2022, le offerte di lavoro del settore sono arrivate a 400.000.

Per questo motivo, proliferano i bootcamp per i laureati nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics). Si tratta di programmi full time o part time, di breve durata (al massimo 6 mesi), con costi contenuti rispetto alla laurea, con l’intento di insegnare quelle competenze che rispondano alle nuove esigenze del mondo del lavoro. Sono un’evoluzione dell’istruzione, utili per iniziare la carriera lavorativa, aggiungendo delle skills preziose agli studi universitari.

Negli Stati Uniti, la nascita dei bootcamp, oltre ad essere particolarmente funzionale al settore dell’informatica e della programmazione, si avvicina anche ad altre discipline, come ad esempio il graphic designer. Non sono, quindi, pensati esclusivamente per le facoltà STEM, ma per sviluppare tutte quelle competenze che si collegano alla tecnologia, anche in modo trasversale.

 

La ricerca Gallup parla dei numeri

Gallup (società globale di analisi e consulenza), ha svolto tra il 2016 e il 2021, una ricerca sulla partecipazione ai bootcamp tecnologici negli Stati Uniti. Le analisi sono state effettuate su 3824 laureati iscritti a dei corsi intensivi.

La maggior parte degli iscritti dichiara di non essersi iscritto per avere un salario più alto: 4 su 10 ammettono di partecipare per avere la possibilità di cambiare lavoro e il 73% sostiene di aver appreso competenze aggiuntive. Nonostante ciò, lo stipendio medio di coloro che hanno frequentato un bootcamp successivamente alla laurea, risulta superiore di 11.000 dollari rispetto alla media.

Il 56% ritiene di aver raggiunto l’obiettivo che li ha spinti all’iscrizione: il 49% ammette di aver migliorato la propria carriera con le competenze acquisite; il 40% ha trovato un nuovo impiego; l’8% ha migliorato le condizioni del lavoro attuale; il 5% ha usufruito di un cambiamento di ruolo rimanendo nella stessa azienda.

Il tasso di occupazione sembra essere più alto tra coloro che hanno frequentato dei bootcamp STEM: nella fascia d’età 25-40 anni, l’occupazione si assesta al 90% rispetto al 78% di coloro che non hanno frequentato i programmi ad immersione.

I laureati che hanno partecipato ai bootcamp si mostrano inoltre più soddisfatti e felici: dichiarano di essere 4 volte più appagati del proprio lavoro rispetto al periodo precedente alla frequenza del bootcamp. Ai partecipanti è stato chiesto di valutare, su una scala da 0 a 10, la situazione lavorativa pre e post bootcamp: il 44% ha giudicato il lavoro post-bootcamp con una votazione compresa tra 8, 9, 10. Nel caso del lavoro pre-bootcamp, solo il 12% ha utilizzato gli stessi numeri per valutare l’impiego. Tra gli intervistati, il 68% ha ammesso di sentirsi più coinvolto sul posto di lavoro, di essere di conseguenza più produttivo e di avere la percezione di poter migliorare ogni giorno la propria carriera.

 

Le lauree STEM in Italia

La recente ricerca condotta dall’Istat, presentata nel corso di “Italia 2023: persone, lavoro, imprese”, mostra che chi è in possesso di una laurea STEM ha una prospettiva occupazionale dell’85,7%. Almalaurea conferma il trend positivo, sottolineando che a 5 anni dalla laurea, il 94,1% degli uomini laureati in una facoltà STEM lavorano, e il 90,9% nel caso delle donne. Il 71,9% degli iscritti si dichiara soddisfatto della scelta universitaria effettuata (leggi anche Ci sono differenze fra le aspettative degli universitari americani e italiani?)

Nonostante i dati positivi, nel nostro Paese le iscrizioni a queste facoltà sono ancora inferiori rispetto alla media europea: solo il 26,8% consegue la laurea, in confronto al 41,6% dell’Europa.

Per tale motivo, nel PNRR si incoraggia a frequentare i corsi universitari STEM. Il piano prevede di investire nel settore tecnologico, ambientale e digitale, per rilanciare l’economia del Paese. Settori, dunque, che necessitano nell’imminente futuro di brillanti risorse umane. Si ipotizza che gli esperti di cyber security, big data, AI e energie rinnovabili saranno sempre più richiesti dal mercato del lavoro (leggi anche Orientare gli studenti al lavoro: le professioni green del futuro).

 

Ci sono dei bootcamp STEM in Italia?

Effettuando una ricerca nel panorama italiano, ci si rende conto della quasi totale assenza di esperienze simili.

Non è difficile trovare dei master relativi alle diverse discipline afferenti ai corsi STEM, (proposti da università ed enti privati), ma non si parla ancora molto di veri e propri bootcamp, che hanno una struttura diversa.

Tra le poche esperienze di bootcamp, da segnalare l’iniziativa dell’azienda Johnson & Johnson con il programma “Health4you Stem University J&J Bootcamp”. Un programma di formazione e orientamento alla carriera nelle occupazioni che prevedono una laurea STEM. Il programma, nel quale vengono illustrate le skills da possedere per essere futuri leader, coinvolge le tre università di Roma, Sapienza, Torvergata e Roma Tre.

Un’alternativa all’italiana, sembrano essere le summer school: scuole estive per bambini e ragazzi, che alternando gioco e studio, avvicinano i giovani a temi quali la robotica, la progettazione tecnologica e l’uso consapevole degli strumenti digitali. Sono corsi estivi non finalizzati a studenti universitari, come i bootcamp, ma ai giovanissimi, con l’obiettivo di avvicinarli alle facoltà STEM una volta diplomati.

Un esempio ben avviato, è la summer school di OFPASSION, di Valeria Cagnina e Francesco Baldassare, giunta alla settima edizione. Il corso estivo, previsto per bambini dai 5 ai 15 anni, si concentra sulla robotica e la scienza.

Le summer school, pur non essendo l’equivalente dei bootcamp americani, rappresentano una sorta di “ponte” che permette ai ragazzi di familiarizzare con le discipline in questione, per concretizzare un maggior numero di iscrizioni universitarie in futuro, utili in considerazione della flessione italiana.

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Ilenia Valleriani

Ho conseguito con lode la laurea specialistica in Comunicazione d’Impresa, successivamente alla laurea triennale in Scienze della Comunicazione, presso l’Università La Sapienza di Roma. Insegnante nella scuola superiore di secondo grado, dal 2017 ho iniziato l’attività di content writer, in particolare sui temi del marketing e della comunicazione, per seguire la passione che coltivo sin da bambina: la scrittura. Da luglio 2021 collaboro con il blog di Education Marketing Italia.

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