La scuola italiana sta promuovendo, ormai da qualche anno, una serie di iniziative per cercare di integrare gli strumenti digitali nella quotidianità degli alunni.
Le istituzioni scolastiche rappresentano il ponte immaginario che, dal periodo dell’infanzia/adolescenza, conduce alla realtà lavorativa. Devono adeguarsi al veloce sviluppo della società e avvicinare gli studenti alle altre culture (qui si potrebbe mettere link all’articolo sulle tecnologie della scuola americana appena sarà pubblicato).
Sezioni
Il Piano Nazionale Scuola Digitale
Avviato con la Legge 107/2015, definita “Buona Scuola”, il PNSD, ha l’ambizioso obiettivo di rendere la scuola un ambiente all’avanguardia, aggiornando gli obiettivi educativi con le competenze necessarie agli studenti per confrontarsi con il mondo del lavoro ed eliminare il Digital Divide nelle scuole.
“Al fine di sviluppare e migliorare le competenze digitali degli studenti e di rendere la tecnologia digitale uno strumento didattico di costruzione delle competenze in genere, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, adotta il PNSD”.
Il piano sottolinea l’idea di un’educazione digitale vista come un apprendimento continuo lungo l’arco della vita (life long) e nei vari contesti (formali e informali), che prende il via proprio nell’età scolastica.
L’idea di un piano scuola digitale nasce ufficiosamente nel 2007, ma i primi passi di avvicinamento al progetto sono stati mossi ad iniziare dal 2008, con l’introduzione della LIM (lavagna interattiva multimediale) e dell’editoria digitale, e nel 2013 con l’impegno alla diffusione della connessione wireless e la creazione di corsi formativi per il personale scolastico, docente e non.
A conferma dell’importanza della portata del Piano, con il decreto n. 147 del 30 aprile 2021, il MIUR, ha destinato circa 66 milioni di euro per incrementare il progetto, aggiungendo 35 milioni per la formazione del personale scolastico.
L’impegno da parte del MIUR nel migliorare la progressione digitale della scuola è evidente, tanto che, tramite l’Osservatorio tecnologico, nato con l’intento di fornire un supporto tecnologico al piano, vengono monitorate periodicamente le rilevazioni circa la diffusione delle nuove tecnologie nel sistema scolastico italiano.
Cosa cambia nella scuola
In realtà i contenuti non cambieranno molto, in concreto, ciò che effettivamente andrà a modificarsi, è l’approccio dell’istituzione scuola: non più intesa esclusivamente come luogo fisico bensì come un’opportunità per permettere agli studenti di sviluppare competenze e abilità necessarie per il futuro. Un approccio che, nel piano nazionale, viene definito “azione culturale”, che permetta alla scuola di uscire dalle quattro mura (approfondisci con Scuola e tecnologia: pro e contro? vince il dibattito).
Le aree di intervento del PNSD
Sono 8 le aree di cui si occupa il piano, grazie a specifiche azioni (numerate progressivamente) previste in ognuna di esse:
- Accesso: rappresenta la sfida primaria, ossia fornire la possibilità di accesso alle tecnologie a tutte le scuole, cioè il diritto di avere Internet. Ciò vuol dire affrontare un costo iniziale, che parte proprio dalla connessione. Tra le azioni concrete troviamo l’installazione della fibra ottica, il cablaggio, e la banda ultra larga.
- Spazi e ambienti per l’apprendimento: tutti gli ambienti della scuola devono essere allineati con il cambiamento, re-inventati attraverso azioni che riguardino la ristrutturazione di laboratori scolastici e un’idonea edilizia scolastica sulla base delle necessità digitali.
- Amministrazione digitale: migliorare i servizi online da offrire alle famiglie, agli studenti e al personale stesso, per snellire i procedimenti e utilizzare meno carta possibile, anche in un’ottica di sostenibilità.
- Identità digitale: fornire un profilo digitale ad ogni persona presente nella scuola, in modo da garantire un accesso semplice, ma, soprattutto, sicuro, in considerazione del fatto che riguarda anche dei minorenni.
- Imprenditorialità digitale e lavoro: il mondo del lavoro richiede competenze trasversali come il problem solving, la creatività e il protagonismo, che vanno stimolati negli studenti, (leggi anche Programmazione: perché inserire le soft skills), e preparati inoltre ad affrontare il problema del divario di genere.
- Competenze degli studenti: alfabetizzare e rafforzare le conoscenze relative alla comprensione e alla produzione di contenuti digitali dei ragazzi è fondamentale, così come è importante rinnovare i curricula scolastici.
- Contenuti digitali: i contenuti digitali dovrebbero diventare la normalità e non un’eccezione, per questo bisogna incentivarli con le giuste politiche, promuovendo, ad esempio, libri ed opere in digitale.
- Formazione del personale: è prioritario raggiungere tutti gli insegnanti, di ogni scuola e grado, affinché si possa realizzare una concreta innovazione scolastica. Il sapere deve essere trasmesso, e solo un docente preparato potrà realizzare un cambiamento importante.
Chi è l’animatore digitale #28
Nell’area relativa alla formazione del personale, citata nel piano, viene indicata una specifica azione da mettere in essere, la #28, che introduce la figura dell’animatore digitale in ogni scuola.
Si tratta di un docente che, insieme al dirigente scolastico e al direttore amministrativo della scuola, ricopre un ruolo strategico nel diffondere l’innovazione tecnologica nell’ambiente scolastico, in quanto responsabile del coordinamento delle attività di diffusione dei contenuti digitali.
Come diventare animatore digitale
Per ricopre il ruolo di animatore digitale occorre essere un docente interno dell’istituto nel quale ci si candida, possibilmente di ruolo, in modo da assicurare la copertura della carica per la durata del PTOF (Piano Triennale Offerta Formativa, redatto dal collegio docenti, che ha il compito di predisporre concretamente gli obiettivi del PNSD).
È opportuno avere ottime conoscenze nel campo dell’informatica e del digitale, confermate da eventuali certificazioni.
Successivamente alla spontanea candidatura tramite c.v., sarà il preside, coadiuvato da un’apposita commissione, ad effettuare la scelta.
Il compenso che spetta all’animatore digitale è di circa € 1.000, la cifra viene messa a disposizione dal MIUR insieme ad altri fondi destinati all’innovazione digitale. Sarà il preside, quindi, a decidere se destinare una cifra più alta al docente o dividere i fondi a disposizione fra i membri di un eventuale team che si occupa dell’innovazione digitale.
Le attività dell’animatore digitale
Le attività svolte dalla figura proposta dal MIUR, sono racchiuse in tre ambiti principali:
- Formazione interna: azioni rivolte ai colleghi docenti e al personale scolastico non docente, relative all’utilizzo delle tecnologie digitali nella didattica, promosse attraverso laboratori, corsi di formazione (anche a distanza), biblioteche multimediali, re-styling del sito d’istituto, software e hardware innovativi.
- Coinvolgimento della comunità scolastica: attività volte a favorire il coinvolgimento e la partecipazione degli studenti, con l’aiuto di workshop, giornate dedicate all’argomento, promozione di corsi inerenti vari temi, quali la cittadinanza digitale, la privacy e il copyright, la robotica educativa… Informazioni da rendere disponibili non solo per i ragazzi, ma anche per le famiglie, magari con incontri in remoto.
- Creazione di soluzioni innovative: individuare soluzioni metodologiche e tecnologiche da adottare per predisporre una didattica attiva e collaborativa, oltre ad attività di assistenza tecnica, partecipazione a bandi nazionali e internazionali e monitoraggio dell’attività digitale nel tempo.