La mattinata del forum AICUN 2019: countdown per le università italiane?

Gli esperti evidenziano la necessità dell'università italiana di rinnovarsi e ripensare i propri programmi per sviluppare negli studenti nuove competenze interdisciplinari

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Quest’anno il forum AICUN (Associazione Italiana Comunicatori d’Università) si è tenuto nella bella cornice della Chiesa dei Santi Marcellino e Festo, all’interno dell’Università Federico II di Napoli.

Sono intervenuti diversi relatori, tra cui Massimo Osanna -sopraintendente del Parco Archeologico di Pompei- e Arturo De Vivo -prorettore dell’Università Federico II- i quali hanno posto l’accento sulla necessità dell’università italiana di rinnovarsi, a partire dal ri-pensare i propri programmi di studi, che possano sviluppare negli studenti delle nuove competenze interdisciplinari.

Uno degli aspetti messi in mostra è quello che oggi l’orientamento universitario viene fatto in modo poco strategico, e le matricole si iscrivono secondo criteri più irrazionali (legati a criteri quali lo scegliere “la facoltà che più mi piace”) anziché optare per una scelta legata alla domanda del mercato.

È infatti di poche settimane fa l’indagine JP Morgan che colloca nel 2019 l’Italia come 3° paese al mondo per Skill Mismatch, ovvero il disallineamento tra i campi di studio scelti dai giovani e le esigenze del mercato del lavoro.

A questo proposito De Vivo e Osanna sono concordi nell’individuare il principale responsabile nel cattivo orientamento che le università mettono in atto (noi di Education Marketing Italia sono anni che ribadiamo come l’orientamento universitario in Italia sia carente sotto moltissimi aspetti, salvo rare eccezioni di atenei davvero bravi).

Un esempio di ottima capacità di stare al passo coi tempi e cogliere le necessità che il mercato del lavoro richiede, formando studenti con competenze interdisciplinari, lo fornisce De Vito citando la London Interdisciplinary School, un’università che sta creando per il 2020 un nuovo percorso di studi per preparare gli studenti ad affrontare i problemi più importanti e complessi che ci sono al giorno d’oggi. Ebbene sì, si sta parlando di un’università che crea professionisti del problem solving, che in futuro diventerà una competenza-chiave sempre più importante, attraverso un programma di studi che combina in modo strategico le discipline scientifiche con quelle umanistiche in un corso di laurea trasversale. Questo è ciò che si intende per ri-pensare l’offerta formativa.

In caso contrario -e l’Italia purtroppo dai dati presentati ne è un esempio ben chiaro- i percorsi di laurea resteranno pressoché immutati e non coglieranno l’opportunità di accompagnare il cambiamento in corso nel mondo, rischiando così di non venir più percepiti come utili al giorno d’oggi (la famigerata concezione di “laurea=pezzo di carta” vi ricorda qualcosa?).

Il leit motiv della mattinata come si può intuire da quanto scritto finora è stato quello di mettere a nudo le criticità del mondo universitario italiano. Queste criticità sono state messe ben in evidenza dal principale intervento del forum di quest’anno, in cui il prof. Giorgio Donna all’interno dell’esposizione del suo ultimo libro (L’università che crea valore pubblico. Modelli di strategia, governance, organizzazione e finanza per gli atenei italiani) ha descritto come una carenza di visione strategica.

Nel blog di Education Marketing Italia spesso abbiamo parlato di quanto una visione strategia sia fondamentale per il successo di una scuola, a partire dal program assessment fino ad arrivare alla gestione del funnel delle iscrizioni.

L’intervento del prof. Donna si è focalizzato sulla disamina di una carenza competitiva degli atenei italiani derivante dall’incapacità di darsi una strategia di posizionamento sul mercato. Donna ritiene che questa incapacità sia prima di tutto culturale-organizzativa, dato che le università italiane non riescono a pensarsi come aziende a tutti gli effetti; sapersi pensare come azienda ha il vantaggio di comprendere cosa è necessario fare per restare sul mercato.

Oggi in Italia si sta iniziando ad affacciare un fenomeno che fino a qualche anno fa era sconosciuto nel nostro paese: i ragazzi di 5a superiore stanno iniziando a prendere in considerazione di andare a studiare all’estero. Questa è la conseguenza di quanto oggi non vi sia una visione aziendalista nel panorama accademico italiano (anzi, quest’ultima viene vista come deprecabile), rischiando così di scivolare in un paradigma legato ad un modello organizzativo autoreferenziale che vede il cambiamento come un rischio più che un’opportunità.

Tra citazioni di interessanti studi (tra tutti University of the future di Ernst & Young e Rethinking 101: A new agenda for university and higher education system leaders? di McKinsey, e matrici che indagano il posizionamento degli atenei il prof. Donna ha posto una serie di domande aperte a cui gli atenei italiani devono rispondere per riuscire a sviluppare una visione strategica che li porti a posizionarsi al meglio sul mercato. Il concetto di posizionamento infatti è stato il fulcro del suo intervento poiché indispensabile per la creazione di un sistema universitario composto da atenei differenziati e, quindi, competitivi.

Ci ha fatto molto piacere vedere il prof. Donna offrire spunti di questo tipo ai responsabili della comunicazione degli atenei italiani presenti in sala. Il suo intervento si è incentrato completamente nel sollecitare le università a concentrarsi su aspetti tipici del marketing (posizionamento, strategia, identità, sono tutti concetti usati nell’education marketing che sono stati toccati più volte in mattinata).

Quanto questi temi verranno fatti propri dagli atenei? E quanto invece le università italiane proseguiranno nel loro lento declino competitivo?

Solo il tempo ci dirà se il countdown per le università continuerà. Noi ci auguriamo di no e speriamo che approcci strategici di education marketing vengano sempre più utilizzati.

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