Podcast per la scuola: a che punto è l’editoria?

Intervista a due professioniste di Chora Media per parlare di editoria dei podcast e di come questi si inseriscono nel mondo dell’education

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Di podcast, se ne parla già da un po’ di anni, ma non non tutti li conoscono ancora abbastanza. Sempre più insegnanti si stanno avvicinando a questo nuovo media per capire come inserirlo nella didattica.

L’interessamento al podcast da parte del mondo scolastico riguarda generalmente due punti di vista differenti:

  • Podcast come attività laboratoriale: permette di mettere in campo tutte quelle competenze definite soft o non cognitive che sono trasversali e fondamentali, e che spesso è difficile farle venir fuori e metterle in pratica in un contesto educativo.
  • Podcast come risorsa da scegliere per l’approccio, lo studio, o l’approfondimento di determinate discipline: permette di avvicinarsi ai ragazzi con un medium che li fa sentire a proprio agio e in cui si riconoscono.

Per approfondire l’argomento, abbiamo partecipato ad una chiacchierata tra alcune esperte di digital education e podcast per scoprire come si pone l’editoria ad oggi in questo settore.

 

In occasione della design week milanese sugli Ambienti di apprendimento 4.0 si è tenuto l’evento “Scuola In Ascolto: le potenzialità del podcasting con Chora Media” un’intervista a tre voci moderata e condotta da Maria Vittoria Alfieri, consulente innovazione didattica digitale e direttrice editoriale di BricksLab, a cui hanno partecipato Sabrina Tinelli e Andrea Federica de Cesco, che lavorano per Choria Media e sono rispettivamente responsabili dei contenuti editoriali e della Chora Academy la scuola di podcasting.

 

Quanti sono e chi sono quelli che ascoltano podcast in Italia?

A. F. de Cesco: “Sono state fatte diverse ricerche negli anni. Il problema di queste ricerche è che spesso non vengono considerati gli under 18: significa che tutti gli studenti delle medie e elementari non vengono conteggiati se non attraverso le ricerche che coinvolgono i genitori”.

Indirettamente, quindi, le informazioni che possiamo ricavare provengono dal settore che oltreoceano è denominato generalmente come Kids and family.

“La ricerca dagli USA non ci dà numeri così utili per capire quanti sono i bambini che ascoltano podcast, ma ci dice che i bambini che ascoltano podcast lo fanno molto spesso, almeno una volta a settimana. Per quanto riguarda l’Italia, IPSOS (che tra tutte le realtà che si sono messe a fare ricerca è quella più affidabile a livello di metodologia) ha certificato che nel 2022 le persone che hanno ascoltato almeno un podcast nell’ultimo mese (mese in cui è stata fatta la ricerca) erano 11,1 milioni. Si tratta circa del 36% della popolazione italiana tra i 18 e 60 anni ed è una percentuale in linea con la percentuale europea. Il dato è positivo, ma evidenzia comunque l’esistenza di un potenziale inespresso enorme, soprattutto per quanto riguarda la generazione Z.

La maggior parte degli ascoltatori è under 35, svolge professioni elevate, vive nelle grandi città, 50% uomini-donne.”

 

Ai bambini piacciono i podcast?

S. Tinelli: “Vorrei porre l’attenzione sul fatto che i bambini quando amano un prodotto culturale sono spesso ossessivi nel consumo, e questo accade anche in ambito podcast. Leggevo dei dati europei recentissimi in cui si evidenziava che l’80% dei bambini e ragazzini coinvolti nella ricerca ascolta abitualmente la stessa puntata più volte e il 20% supera i 10 ascolti della stessa puntata (nota – non siamo riusciti a recuperare la fonte a cui si riferiva l’intervistata, ma suggeriamo questi due articoli per approfondire i dati: Podcast indagini, Ipsos Digital Audio Survey – Il podcast nel 2022: la qualità come strada per crescere; Il podcasting in numeri: l’Europa e l’estero).

 

Come sono arrivati i podcast all’interno della scuola?

M. V. Alfieri: “Voi di Chora avete un indice di navigazione in cui dentro ci sono già un hub di contenuti della scuola: discipline che in maniera sinergica e ibrida possono far parlare dell’attualità e dell’oggi. State anche indirettamente penetrando nel mondo delle scuole. Lo sapevate?”.

S. Tinelli: “Sì, è qualcosa di cui ci rendiamo conto, che ci dicono spesso. Siamo apprezzati anche dagli insegnanti anche con serie che quando abbiamo concepito non avevamo pensato potessero essere apprezzate anche da un pubblico così giovane. Mi riferisco ad esempio a Stories di Cecilia Sala. Cecilia Sala ha 26 anni e ci immaginavamo che piacesse tra i 25 e i 40. Invece ci sono tantissimi ascoltatori sotto i 20 anni. Così come la serie di Perché Pasolini, che si è rivelata molto apprezzata dagli studenti universitari”.

A. F. de Cesco: “Se parliamo di interessamente verso un pubblico giovane, secondo me quello che fa la differenza è il linguaggio che usi. Stories parla di esteri ma lo fa con un linguaggio totalmente diverso da chi ha fatto esteri sui giornali più famosi fino ad oggi. Vedo però che molti produttori di podcast però non tengono conto di questo tema e il rischio è che, come per altri media, si continuino a produrre prodotti per un pubblico giovane ma sempre dalla prospettiva degli adulti, che risultano poi degli insuccessi. Si tende a non coinvolgere bambini e ragazzi quando si vanno a progettare determinati contenuti. Credo invece che coinvolgere il pubblico, almeno in qualche fase, sia centrale”.

M. V. Alfieri: “Questo è un po’ un baco di sistema nel mondo della scuola e delle realtà che si muovono intorno. Forse perché esse devono dialogare coi docenti, che sono gli interlocutori attraverso cui arrivare agli studenti. Si pensa quindi a catturare la loro attenzione, senza pensare al fatto che i veri destinatari in realtà hanno bisogno di un altro tipo di linguaggio”.

A. F. de Cesco: “Io penso ad esempio a Super che non è un podcast education anche se ha degli aspetti di mitologia che potrebbero essere inseriti in un programma sull’etica. Parla di mitologia e supereroi anche legati ai videogiochi. È uno degli esempi più efficaci di podcast per i più giovani. Probabilmente il suo successo è dovuto a uno studio approfondito sulla sonorizzazione che abbiamo caricato molto arrivando ad un effetto tipo cartone animato”.

 

L’ascolto stimola la capacità dell’immaginazione

S. Tinelli: “Penso sia preziosa l’idea di far passare dei contenuti, di introiettare contenuti attraverso un contenuto audio come i podcast. Una volta acquisita la competenza della lettura, ascoltare una storia anziché leggerla fa scattare dei processi cognitivi per cui l’acquisizione è più rapida”.

M. V. Alfieri: “Inoltre si tratta di uno strumento molto inclusivo dal punto di vista dei bisogni educativi speciali. Poi certo, la storia va raccontata bene”.

A. F. de Cesco: “Il podcast non può sostituire altri strumenti educativi all’interno della scuola. Ci sono delle ricerche scientifiche che hanno indagato la differenza tra Libri e audiolibri a livello di apprendimento, memorizzazione eccetera. Hanno rilevato che non c’è un mezzo che è migliore dell’altro: sono due strumenti che rappresentano esperienze completamente diverse. In realtà probabilmente il libro per la memorizzazione continua a funzionare meglio perché puoi sottolineare e visivamente aiuta a ricordare alcuni elementi all’interno della pagina. Però, per quello che riguarda la stimolazione dell’immaginazione e la capacità di crearti delle scene tue nella testa e fare delle associazioni che nascono dalla tua fantasia, l’audiolibro dà un’esperienza più potente. Non mi immagino nessuno dei due come strumenti unici di apprendimento. Probabilmente vanno usati in modo integrato”.

M. V. Alfieri: “È la direzione che sta prendendo la scuola quando si parla di didattica integrata. Non c’è una cosa che si sostituisce ad un altra: ci sono nuovi strumenti che si aggiungono e che si vanno ad integrare perchè ognuno ha le sue potenzialità educative peculiari. Il podcast inoltre non si sovrappone ad altri poi, è incontaminato, non si sovrappone né al libro né ai video”.

 

Come si possono coinvolgere gli studenti delle superiori e delle medie?

M. V. Alfieri: “Un fenomeno che si sta diffondendo sempre di più è la produzione dal basso dei podcast, e sta avvenendo anche nelle scuole. Le scuole stanno diventando dei luoghi dove si sperimenta la produzione dei podcast. Come si arricchiscono gli studenti da queste esperienze?”

S. Tinelli: “Leggevo che ci sono da tanti anni nel sistema scolastico francese l’inserimento dell’educazione alla radio e ai podcast. A me sembra che ci siano tante cose che fanno della radio e dei podcast degli strumenti educativi importantissimi. Ad esempio, la capacità di ascoltare gli altri li rende mezzi molto importanti, e per i ragazzi la possibilità e la capacità di esprimersi in modo efficace, sintetico. Oltretutto esprimersi davanti ad un microfono e non ad una telecamera è funzionale per i più timidi.  Ci sono anche un sacco di ruoli poi che si possono invece fare da dietro le quinte: ci sono autori, ci sono sound designer. Si possono coltivare competenze come la scrittura, stesura, capacità di creare delle storie e anche saper rispondere a una domanda, o raccontare una storia in modo efficace…Tutto ciò lavorando in team, perché ognuno è parte di una grande catena”.

A. F. de Cesco: “È anche un lavoro tecnologico, non è soltanto scrivere: c’è il montaggio, la registrazione, la ricerca, il lavoro con le musiche. Far fare permette di far capire che questo strumento esiste e poi interessante da fruire.”

M. V. Alfieri: “Lavorare a un podcast permette di mettere in campo tutte quelle competenze definite soft o non cognitive che sono trasversali e fondamentali e che in un contesto educativo spesso è difficile farle venir fuori e metterle in pratica in maniera efficace”.

 

Tema “orientamento scolastico”: che lavori potranno fare i ragazzi?

I podcast, calati in un contesto scuola, possano diventare strumenti educativi particolarmente efficaci non solo per scoprire, conoscere, imparare, ma anche per acquisire competenze strategiche per il presente e soprattutto per il futuro professionale.

M. V. Alfieri: “Se un ragazzo lavorasse in una realtà come Chora, che mestiere andrebbe a fare?”

S. Tinelli: “Per arrivare a produrre un podcast servono tante figure professionali. Primo tra tutti, serve la voce e quindi dei bravi narratori; poi servono giornalisti e in generale scrittori per coprire la figura dell’autore, colui che scrive le storie: sono delle persone che hanno acquisito molte competenze nel narrare una storia che abbia un buon ritmo; essi si occupano anche di trovare il format adatto sulla base del contenuto. Poi ci sono delle figure che chiamiamo producer, che corrispondono ai project manager: quindi devono essere persone molto organizzate, che sappiano costruire i piani di produzione e dettare i tempi. E poi c’è tutta la parte dedicata al suono e alla confezione del prodotto, che hanno grande dimestichezza con tutti i software di montaggio e di post-produzione: servono sound designer e a volte anche dei musicisti. Sono anche presenti delle figure in comunicazione, che riescano a far emergere i nostri podcast: per farlo bisogna capire quali sono gli elementi di forza e quindi cosa costruire intorno a quel prodotto. È  una squadra corposissima!”

 

 

Insomma, i podcast stanno contribuendo a cambiare il modo di informarsi, di conoscere e anche di imparare. Ascoltare una storia, anziché leggerla, a volte ha dei vantaggi: ad esempio, fa scattare dei processi cognitivi per cui l’acquisizione diventa più rapida; inoltre, è uno strumento inclusivo se si pensa ai bambini con bisogni educativi speciali.

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Giulia Cattoni

Faccio quello che faccio da sempre: scrivo. Uso la scrittura per dare forma a pensieri e idee. Da piccola consumavo pagine e pagine per descrivere le mie avventure quotidiane sul diario, oggi uso il linguaggio per creare testi efficaci, contenuti digitali, e organizzarne la gestione. Mi piace trovare le parole giuste, mettere ordine ai testi e renderli chiari, e creare contenuti accessibili, piacevoli e utili. Faccio parte del team di Education Marketing Italia dal 2016: ho iniziato come autrice del blog e negli anni ho ampliato i miei ruoli. Oltre alla produzione e gestione dei nostri contenuti, affianco i miei colleghi nella gestione degli open day e nelle attività di design thinking. Dal 2023 mi occupo in prima linea della cura del nostro brand: dalle mie mani passano piani editoriali, articoli, post, newsletter, webinar e la strategia che li tiene insieme. Mi sono laureata in Comunicazione con una tesi sull'uso della lingua per l'infanzia, ho frequentato corsi sulla didattica emozionale e sulla robotica educativa. Sono stata istruttrice di pallavolo nel settore giovanile comasco.

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